English version

Percussione-Arte

All’interno del panorama europeo, anche l’Italia vanta una rappresentanza non straripante ma qualificata di percussionisti-artisti. Il friulano Andrea Centazzo (Udine, 1948), che dal 1992 si è trasferito in California, è un musicista completo: compositore, improvvisatore, leader e artista multimediale, nel 1976 ha fondato la prolifica Ictus Records e poco dopo la Mitteleuropa Orchestra. Nei decenni la sua produzione si è sviluppata in vari ambiti, dall’improvvisazione assoluta alla composizione di opere teatrali e colonne sonore, dalla creazione di strumenti a percussione alla scrittura
di testi teorici. Come per gli altri protagonisti europei analizzati in precedenza, anche la discografia di Centazzo è vastissima, contando collaborazioni con musicisti quali Giorgio Gaslini, Steve Lacy, Evan Parker, John Zorn, Giancarlo Schiaffini, Fred Frith ed un’infinità di altri. Se nel mio già citato saggio incluso nel Quaderno del Jazz 24 ho trattato brevemente le sue esperienze di performance multimediali, in questa sede prendo in considerazione la sua attività più prettamente grafica e pittorica.

Agli anni Ottanta risale il passaggio dalle partiture vere e proprie ad elaborazioni grafiche che, senza rinunciare a dare suggerimenti ed indicazioni per affrontare le esecuzioni musicali, assumono anche un valore visivo autonomo, utilizzando esclusivamente il bianco e nero per ideare sinuosi tracciati di immaginifica eleganza.

In alcuni casi la notazione su righi di pentagrammi ondulati distribuisce simboli geometrici, grovigli di linee, macchie, note sparse, sempre secondo un’impaginazione rarefatta, sortendo un effetto di sobria e intima leggerezza, quasi intellettualistica; in altre opere interviene invece un taglio geometrico più netto, che presuppone una più determinata idea generativa di fondo. Una serie di lavori di questo tipo, denominati Immaginografie, viene esposta nel 1984 alla Galleria Bonomo di Bari, ma presumo anche altrove.

Nello stesso periodo Centazzo esegue delle partiture grafiche colorate con tecnica mista, spesso ritagliandone ed incollandone porzioni secondo equilibri compositivi a volte un po’ rigidi. Prima e dopo l’elaborazione delle Immaginografie, è possibile imbattersi, anche se più raramente, in disegni a matita o a pastello e in dipinti a tempera su cartoncino bianco, senza alcun riferimento alla notazione musicale e all’esecuzione performativa. Ci troviamo qui di fronte a opere pittoriche diverse fra loro per impianto compositivo e valore timbrico-cromatico, quasi tentativi di una veloce e colorata gestualità, che talora si contrappone a una più greve e problematica intenzione informale. Ma è fra il 1983 e il 1987 che si sviluppa la serie più organica di dipinti, ora di piccole o grandi dimensioni rettangolari, ora strappati in frammenti che vengono liberamente distribuiti sulla parete, formando una sorta di costellazione colorata. Il supporto usato è sempre la carta pentagrammata, che però viene accartocciata e distesa per poi colorarla con leggeri spruzzi di vernice spray radente; il risultato, pur ottenuto con una tecnica del tutto differente, è simile a quello raggiunto da Corrado Cagli a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta nel ciclo di oli su carta, che con abilità quasi iperrealistica simulano appunto la pagina sgualcita.

Questo materiale grafico e pittorico è oggi conservato presso la Biblioteca delle Arti – Sezione di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna, a cui Centazzo ha donato il suo archivio personale, comprendente, oltre alle opere d’arte, manifesti, partiture, dischi, recensioni, libri ed altro ancora. La documentazione, che riguarda l’intero arco della sua carriera dagli anni Sessanta ad oggi, è stata oggetto di catalogazione bibliotecaria e di inventariazione archivistica. Nel 2012 la biblioteca ha inaugurato il “Fondo Andrea Centazzo” il cui catalogo è consultabile online.

(”I battartisti” Libero Farnè, Quaderno del Jazz 25, Giugno 2025)


Fenomenologia del Suono e del Segno

Brevi digressioni sul comporre in cinque brevi quadri e una Coda

di Sergio Armaroli

Primo quadro | PENTA-GRAMMATICA

Il segno grafico di Andrea Centazzo nasce da un immaginario sonoro possibile, a partire dai cinque righi di un pentagramma infinito, strutturato compositivamente e concepito come una grammatica di suono-segno: opera aperta, penta-grammatica. Lo spartito è così ri-trovato nel gesto e dal gesto liberato in segno pittorico.

Secondo quadro | DAL PUNTO AL SUONO

Il punto come nucleo generatore di movimento: oltre la nota quale semplice indicazione di altezza: scacco alla norma e invenzione in atto di una genesi di forme: “oltre il visibile”…
…dove la penta-grammatica di Andrea Centazzo riscopre alcuni assunti formali del Novecento liberandoli, con ironia, nella festa dell’improvvisazione come presenza e corpo. Forme libere per suoni possibili.

Terzo quadro | LA PERCUSSIONE COME TOTALITA’

Il segno è il corrispondente pittorico del gesto che percuote, colpisce, accarezza, sfiora la materia sonora nel suo movimento di forma: creando totalità. Possiamo osservare un processo in atto attraverso il segno che diviene sostituto simbolico del gesto: così l’arte di un percussionista non può che essere “gestuale” per definizione. La gestualità è sublimata in immagine come un tutto possibile, sotto i nostri occhi per suggerire sempre infinite possibilità di esecuzione.

Quarto quadro | DELL’OMBRA

Il segno grafico che si costruisce in pittura come ombra del video. Echi di suono, infine. Dall’occhio meccanico della macchina da presa alla mano che traccia e straccia: dalla partitura allo spazio sonoro, “cartografia dell’immaginario” alla ricerca di una bidimensionalità della crisi. La pittura, nella ricerca di Andrea Centazzo, si innesta nell’ombra e dall’ombra emerge come un oltre possibile. Da questa possibilità il gesto pittorico si struttura in Immaginografie di sobria leggerezza lasciando traccia.

Quinto quadro | INTERVALLO NEL SILENZIO DELLA FORMA

Al margine dell’intervallo, nel silenzio della forma, la rigida strutturazione compositiva del foglio si disgrega nel gesto, dalla quadratura allo spazio fluido del suono. Il disegno, nascosto nell’invenzione melodica, vive sincronicamente con il colore del suono: timbro pittorico acceso, quasi metallico di molteplici e possibili “gamelan immaginari” e di forme dai nomi prossimi al corpo, dalla mano che traccia ritmi plasticamente suggeriti dai rilievi dei fogli, rinnegando dialetticamente la bidimensionalità della notazione che diviene pretesto per un canto (Cjant): evocando mappe.

CODA

… dove il suono non significa se non la sua presenza in atto, l’immagine suggerisce un passaggio ulteriore. Similmente l’opera visiva di Andrea Centazzo si innesta in un movimento a spirale, di crescita interna, germinativa che apre a nuove possibilità della materia come Fenomenologia del suono e del segno.


Lavori Selezionati