DISTANT SHADOWS – OMBRE LONTANE

Tributo a Pier Paolo Pasolini
Un omaggio a Pier Paolo Pasolini nel cinquantenario della sua morte

di
Andrea Centazzo

English version

Il 2 novembre 2025 ricorre il cinquantesimo anniversario della tragica e brutale scomparsa di Pier Paolo Pasolini. Una figura irripetibile e poliedrica, Pasolini ha segnato profondamente il panorama culturale del Novecento italiano e internazionale con la forza del suo pensiero e la radicalità del suo sguardo. Poeta, romanziere, regista, saggista, drammaturgo, attore, polemista, visionario: ogni forma espressiva era per lui un mezzo per esplorare l’animo umano, le contraddizioni della società, le ferite del tempo.

Andrea Centazzo, artista e compositore che – come Pasolini – ha origini friulane e una sensibilità affine nel coniugare la ricerca estetica con l’urgenza etica, ha dedicato ogni decennio dalla morte di Pasolini un’opera commemorativa. Il primo omaggio orchestrale nel 1985, poi nuove composizioni nel 1995, nel 2005 e nel 2015. Ora, nel 2025, presenta il quinto tributo: Distant Shadows, un progetto multimediale in cui l’eredità pasoliniana viene evocata e riletta con rinnovata intensità.

Questa nuova opera fonde suono, immagine e parola. Per la prima volta, la voce autentica di Pasolini – intensa, profonda, dolorosa – viene posta al centro del tessuto sonoro, insieme a immagini dei luoghi della sua vita, fotogrammi tratti dai suoi film e fotografie che ne restituiscono la fisionomia, la tensione interiore, lo sguardo profetico. Le musiche originali di Centazzo dialogano con questo universo visivo e acustico, ricreando un ambiente immersivo e poetico.

Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922 – 2 novembre 1975) è stato una delle voci più potenti, inquiete e radicali del Novecento italiano. Scrittore e poeta raffinato, intellettuale polemico e lucidissimo, cineasta rivoluzionario e spesso scandaloso, ha rappresentato – e continua a rappresentare – una coscienza scomoda e irrinunciabile per il nostro tempo.
Dichiaratamente omosessuale in un’Italia profondamente conservatrice, Pasolini ha saputo conciliare tensioni solo apparentemente inconciliabili: un amore profondo per la tradizione contadina e per la cultura popolare, un cristianesimo ancestrale e quasi pagano, e una fede nella rivoluzione marxista come possibilità di riscatto collettivo. Ha denunciato con veemenza la deriva consumistica, l’omologazione culturale, la perdita dell’innocenza e della diversità.

I suoi film – spesso accusati di oscenità o blasfemia – sono opere di poesia visiva, attraversate da una profonda spiritualità e da un impegno morale feroce. L’Italia che raccontava era reale e mitica al tempo stesso, fragile e arcaica, luminosa e crudele. La sua morte, avvenuta in circostanze ancora oggi controverse e dolorose nella spiaggia di Ostia, lo ha trasformato in un martire laico, in un simbolo di resistenza culturale, in una figura quasi sacrale.

La connessione tra Andrea Centazzo e Pasolini non è solo geografica – entrambi nati in Friuli – ma anche esistenziale: li accomuna la sensibilità per i margini, per le periferie dell’anima e della società, per ciò che è in via di sparizione.

Nel 1985, Centazzo compose il primo Omaggio a Pasolini per orchestra. Nel 1995 nacque Rain on the Borders (Pioggia sui confini, titolo di una poesia pasoliniana), un’altra partitura orchestrale ispirata al mondo pasoliniano. Con questo nuovo lavoro multimediale, Centazzo chiude idealmente un ciclo lungo quarant’anni di ricerca e tributo, creando una sinfonia di ombre e luci, di memorie e proiezioni, di denuncia e di compassione.

Il progetto, pensato come performance per percussioni dal vivo e video proiezione, unisce musica originale e montaggi visivi. I brani si fondono con immagini girate da Centazzo stesso nei luoghi cari a Pasolini, con spezzoni cinematografici e fotografie d’epoca. La musica attraversa generi e suggestioni: minimalismo, sperimentazione elettronica, melodie rituali, echi arcaici, frammenti etnici, con un approccio che rifiuta ogni categorizzazione e si nutre di libertà espressiva.

VIAGGIO A CASARSA (SENZA RITORNO)

Casarsa della Delizia, piccolo borgo friulano, è molto più di un luogo geografico: è l’origine mitica e affettiva dell’universo pasoliniano. È la patria della madre Susanna Colussi, figura centrale nella vita e nell’immaginario del poeta. È il rifugio dell’infanzia, la culla della lingua poetica, il teatro delle prime esplorazioni dell’identità.

Pasolini fu portato dalla madre a Casarsa nel 1923 dopo l’arresto del marito. Qui visse un’infanzia segnata da un senso di spaesamento e di meraviglia. Fin da bambino si avvicinò alla scrittura, componendo versi ispirati alla natura, ai silenzi, alle figure contadine.

Casarsa non fu solo casa, ma anche laboratorio poetico. Fu qui che Pasolini iniziò a scrivere nella lingua friulana, scegliendo la lingua minoritaria per dare voce a un mondo che sentiva autentico, pre-moderno, incontaminato.

Nel 1950 Pasolini si trasferì con la madre a Roma. Ma Casarsa rimase per lui una geografia dell’anima, una patria perduta che tornava nei suoi versi, nei ricordi, nei sogni.
Questo segmento dell’opera ricostruisce quel viaggio, esistenziale e simbolico, fuga nella provincia e dalla provincia alla capitale, dalla poesia dialettale al palcoscenico culturale nazionale. Le immagini della Casarsa che fu si intrecciano alla voce del poeta che recita versi struggenti, in un crescendo emotivo che racconta lo sradicamento e l’eterna nostalgia.

TIARE 1985–2025

Tiare – che in friulano significa “patria”, “terra” – è un film sperimentale che ho girato nel 1984 e montato nel 1985. Fu la mia prima esperienza con la videoarte, e rappresenta un tentativo di restituire il Friuli interiore che io e Pasolini abbiamo vissuto in modi diversi, ma complementari.

Il film – presentato in festival internazionali e vincitore di molti premi – mostra i paesaggi friulani, le chiese abbandonate, i volti degli anziani, le acque dei fiumi nel 1984.
Il questa breve nuova versione basata su una delle musiche originali degli anni 80 si intrecciano immagini recenti della natura friulana con sequenze dei fiumi friulani, acque amate da Pasolini, simboli di purezza, ricordo, eternità.

MEDEA / EDIPO RE

Medea (1969), con Maria Callas nel ruolo della protagonista, è un film epico, potente, spirituale e barbarico.

Pasolini riscrive il mito come metafora della lacerazione tra modernità e mondo arcaico. La Medea di Callas – intensa, ieratica, tragica – è al tempo stesso madre e mostro, vittima e vendicatrice.

Drammatico e visionario, il film si chiude con il grido feroce e dolente di Medea: un canto d’amore e di vendetta, che Pasolini stesso definì “una dichiarazione d’amore a Maria Callas.”

Edipo Re (1967) è un’opera immaginifica, girata in Marocco con colori saturi e simbolismi psicoanalitici. Il mito classico diventa riflessione sull’identità, sul destino, sul rapporto tra padre e figlio.

Fu il suo primo film a colori: un’opera mitica e psicanalitica, che intreccia visioni arcaiche, riferimenti personali e suggestioni freudiane.

Nel mio montaggio, le immagini di questi due film si rincorrono come sogni archetipici, accompagnate da una colonna sonora che fonde il sacro e il primitivo, la tragedia e l’estasi.

LE MURA DI SANA’A

Nel 1971 Pasolini si recò nello Yemen, dove girò un breve documentario – Le mura di Sana’a – per denunciare la minaccia che incombeva su una delle città più antiche del mondo. Le architetture medievali di Sana’a, patrimonio inestimabile di umanità, erano sul punto di essere devastate dalla modernizzazione selvaggia.

Pasolini, con la consueta lucidità e passione, fece appello all’UNESCO affinché si proteggesse quel luogo sacro. Nel film – girato con pochi mezzi ma con straordinaria intensità visiva – egli documenta, più con lo sguardo del poeta che con quello dell’etnografo, la bellezza struggente di una civiltà sull’orlo dell’oblio.

Solo nel 1986, undici anni dopo la sua morte, la città fu dichiarata Patrimonio dell’Umanità. Il suo intervento fu riconosciuto come profetico.

Nel mio omaggio musicale, ho voluto evocare quell’atto d’amore, intrecciando canti antichi, echi percussivi multi-etnici, e una partitura che restituisca la sacralità perduta delle mura minacciate.

I VOLTI DEL VANGELO SECONDO MATTEO

Il Vangelo secondo Matteo, girato nel 1964, è forse il film più lirico e spirituale di Pasolini. Dedicato alla madre e da lei interpretato nella parte della Madonna anziana, il film fonde rigore teologico e compassione umana. Fedele alla tradizione neorealista, il film presenta un cast di attori non professionisti ed è stato girato interamente nel sud Italia. Le immagini – girate nel Sud Italia – hanno una potenza iconografica che richiama l’arte medievale, la pittura fiamminga, il realismo sacro.

In questo capitolo visivo e musicale, ho scelto di soffermarmi sui volti: volti scavati dal sole, volti pieni di grazia e dolore, volti che parlano senza bisogno di parole. La musica – tra canti gregoriani, armonie rarefatte e pulsazioni rituali – accompagna questa galleria sacra come una liturgia laica, intensa e commossa.

TIARE 1985

Il film originale Tiare, girato nel 1984 con tecnologie oggi superate, su nastro U-matic a bassa risoluzione, è andato perduto. Grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, sono riuscito a restaurare parzialmente la copia rimasta, restituendole visibilità.

Nonostante il problema tecnico, presento qui le scene più strettamente legate al lavoro di Pasolini, mia principale ispirazione durante la realizzazione del film. I volti dei musicisti della banda e delle persone comuni si alternano alle nenie minimaliste ormai scomparse delle campane delle chiese, una tradizione ormai persa. E tra tutto ciò, le immagini struggenti della cattedrale di Venzone, distrutta dal terremoto del 1976, servono come monito di un’eredità che svanisce.

Tiare è la conclusione di questo viaggio nelle ombre lontane: un ritorno alla terra, alla lingua, alla memoria.

È un canto visivo di nostalgia e testimonianza: un’eco pasoliniana che ancora ci parla, con voce limpida e ferita.

Come in Pasolini, anche qui la nostalgia si fa profezia. Il tempo si piega, e l’arte diventa testimonianza.

Andrea Centazzo, 19 Aprile 2025